La residenza privata degli imperatori, la vita dei principi di Roma, gli animali, le piante, i commerci, gli usi e i costumi della antica capitale: gli Horti Lamiani, luogo mitico della storia romana, rivivono nel Museo Ninfeo.
Realizzato congiuntamente dalla Soprintendenza Speciale di Roma e da Enpam, il nuovo Museo nasce proprio sul luogo del ritrovamento di un eccezionale contesto archeologico, venuto alla luce nell’area di Piazza Vittorio all’Esquilino, durante i lavori per la costruzione della sede dell’Ente.
Il museo presenta testimonianze e reperti fin dal periodo giulio-claudio, quando gli Horti Lamiani entrarono a far parte del demanio imperiale sotto Tiberio, e da Caligola trasformati in una sontuosa residenza privata a uso dell’imperatore. Una Domus Aurea ante-litteram, amata anche dai successivi imperatori flavi, antonini, fino ai severi cui si debbono le ultime trasformazioni dei lussuosissimi ambienti.
Ogni epoca ha lasciato qui il suo segno e gli oltre un milione di reperti rivenuti negli scavi sono stati selezionati grazie all’accurato studio nel laboratorio segreto realizzato in collaborazione con ricercatori specializzati in varie discipline. I 3000 oggetti esposti, affiancati da ricostruzioni e video, restituiscono attraverso 13 sezioni la suggestione della vita e i diversi aspetti della cultura antica.
UN PROGETTO DI MUSEALIZZAZIONE
Il Museo Ninfeo di Piazza Vittorio porta alla luce uno dei luoghi emblematici della Roma imperiale, gli Horti Lamiani, con spettacolari reperti che testimoniano la loro evoluzione architettonica tra l’età giulio claudia e quella severiana.
Grazie a una indagine in due riprese (2006 – 2009; 2010 – 2015), il Museo presenta una esposizione innovativa, che ha permesso di creare un grande polittico sulla antica Roma e le tante persone che lì hanno vissuto: dalle architetture monumentali alle sontuose decorazioni, alle rotte del commercio, agli oggetti pregiati, a quelli di uso quotidiano, per arrivare all’alimentazione e al paesaggio. Ognuno dei ritrovamenti, accuratamente studiato, è stato selezionato e viene esposto per la sua bellezza, importanza, ma soprattutto per quello che sa raccontare della città antica. Secondo la moderna pratica archeologica non solo le strutture architettoniche ma anche gli oggetti e le decorazioni sono esposti nel luogo dove sono state trovati con l’intento di evocare un contesto unico, per molti aspetti leggendario. Dai grandi temi storico-economici si passa all’organizzazione urbanistica degli Horti Lamiani, alla viabilità e agli spazi funzionali dell’Esquilino, per arrivare alla vita reale della Roma imperiale, e non solo.
I PIÙ ANTICHI RITROVAMENTI
Fin dall’età preistorica utilizzato come luogo di sepoltura, l’Esquilino, il più alto ed esteso tra i sette colli di Roma, tra le attuali Piazza di Santa Maria Maggiore e Piazza Vittorio venne diviso in due dalla costruzione delle Mura Serviane. In età repubblicana nella parte esterna alla città erano presenti una vasta necropoli, dove spiccava la tomba dei Fabii, coltivazioni e cave di pozzolana, attività di cui lo scavo ha restituito importanti testimonianze.
L’ETÀ GIULIO-CLAUDIA
I ritrovamenti più importanti risalgono tuttavia all’età imperiale: Gaio Clinio Mecenate, nella seconda metà del I secolo avanti Cristo, bonifica il sepolcreto, uno spazio pubblico, per trasformarlo in uno spazio privato dedicato alla costruzione delle residenze di molti esponenti della nuova aristocrazia, gli homines novi dell’età augustea, tra cui Lucio Elio Lamia. Esponente di una famiglia di cavalieri elevata da Augusto al rango senatorio, Lamia edifica sull’Esquilino la sua lussuosissima residenza, gli Horti Lamiani, e alla sua morte, avvenuta nel 33 dopo Cristo, lascia le sue proprietà al demanio imperiale.
Sono gli ultimi anni del principato di Tiberio, che tuttavia era poco interessato alla vita nella capitale. Le fonti, in particolare Filone Alessandrino, testimoniano invece come il suo successore Caligola, divenuto imperatore nel 37 dopo Cristo, fosse appassionato degli Horti Lamiani, e ne abbia ordinato una ancor più lussuosa sistemazione, creando così una sua Domus aurea ante litteram.
Tra i preziosi reperti dell’epoca degli imperatori giulio-claudi spicca una monumentale scala ricurva in marmo, affreschi, decorazioni e molti materiali di vita quotidiana. Tra questi, un impianto idrico con il nome dell’imperatore Claudio – il successore di Caligola–, impresso sui tubi di piombo, certifica l’epoca della sua costruzione. Particolarmente suggestivo è stato il rinvenimento di frammenti di vetro per finestre: Filone Alessandrino scrive infatti che Caligola «Prima si precipitò di corsa nella sala grande, ne fece il giro e ordinò che le finestre tutto intorno venissero restaurate con materiale trasparente come il vetro bianco…» (Legatio ad Gaium).
GLI IMPERATORI DELLA DINASTIA DEI SEVERI
Se dal I secolo dopo Cristo ogni imperatore ha voluto lasciare il suo segno in questa lussuosa residenza sull’Esquilino, nello scavo risalta una monumentale struttura architettonica di epoca severiana: una aula priva di copertura con pareti lastricate di marmi pregiati e pavimentata a grandi lastre in marmo bianco con una ampia fontana ninfeo, ancora esistente. Si tratta del ritrovamento architettonicamente più importante per quello che può raccontare della residenza imperiale e che le fonti antiche fanno risalire ad Alessandro Severo. Emulazione degli spazi pubblici non dissimile da un’area forense, la piazza ninfeo era decorata con gruppi scultorei, erme, vasi da fiori: un luogo evocativo, dove il princeps poteva avere momenti di meditazione e di ozio solitario, ricevere ospiti importanti, ambascerie, delegazioni dalle province di tutto l’impero.
Architetture monumentali, interni ed esterni decorati con statue, marmi pregiati, fontane e giochi d’acqua sono tutti elementi ritrovati negli scavi che testimoniano del lusso e dell’eleganza degli Horti, che imitavano le regge ellenistiche e orientali, a loro volta improntate a una concezione sacra della regalità.
CULTURA MATERIALE
L’imponente numero di reperti rinvenuti durante le indagini archeologiche è stato la base per un laboratorio dove è stato svolto un accurato studio sugli usi, i costumi, i commerci dell’impero romano visti dalla prospettiva della sua capitale, Roma.
Oltre ai marmi, provenienti dalle più lontane province, sono stati gli abbondanti rinvenimenti di anfore per uso alimentare, anche queste provenienti dalle più disparate regioni, a permettere di indentificare le rotte dei commerci attraverso le varie epoche, sia nel bacino del mediterraneo che in nord Europa. Pressoché un moderno tracciamento, di cui è esposta una mappa con esempi delle tipologie di anfore e la loro provenienza.
Oltre 100.000 reperti dello scavo testimoniano la vita quotidiana negli Horti Lamiani: pentole, stoviglie, bicchieri, vasellame. Una ampia vetrina ne offre una selezione articolata lungo una linea cronologica in modo di apprezzare la funzione e l’evoluzione di questi oggetti dal I secolo avanti Cristo al V dopo Cristo.
I ritrovamenti vegetali permettono di aprire una ulteriore finestra sugli Horti Lamiani: sono state rinvenuti le piantumazioni, in terra e in vaso, che ci permettono di avere un’idea della sontuosità dei giardini nelle varie epoche. Ma è emerso anche come a fianco dei giardini organizzati dalla mano dell’uomo una parte del terreno fosse lasciata alla sua condizione spontanea. L’effetto era una residenza urbana e al tempo stesso “di campagna”, immersa nella natura.
Particolari sono anche i reperti animali, tra cui le ossa di leone, di cerbiatto, di struzzo, denti di orso. Nei cassetti a disposizione dei visitatori, oltre a questa testimonianza degli animali, esotici e non, che popolavano i giardini, un’ampia varietà di frammenti di fauna marina che testimoniano gli usi alimentari dei romani, in particolare dell’aristocrazia, tra cui non potevano mancare le ostriche.
L’ESQUILINO ATTRAVERSO I SECOLI
Il Museo Ninfeo con le sue diverse sezioni mette in evidenza anche il rapporto tra le testimonianze rinvenute nello scavo, che rappresentano un piccolo microcosmo, e lo sviluppo della città con i grandi avvenimenti storici che l’hanno caratterizzata.
L’Esquilino, il più alto dei sette colli, fino all’età di Augusto era in gran parte esterno alla città. Nel corso del VI secolo avanti Cristo fu attraversato dalle prime mura difensive costruite dal re Servio Tullio. A poca distanza dall’area di scavo si apriva la Porta Esquilina, da cui partiva la antica via Labicana. Esternamente alle mura, oltre che da campi coltivati e cave di pozzolana, l’area era occupata principalmente da una vasta necropoli. Alla fine del I secolo avanti Cristo parte del sepolcreto venne bonificata da Mecenate per costruire la sua lussuosa dimora, insieme ad altre residenze dell’aristocrazia romana. Tra queste vi era quella di Lucio Elio Lamia, uomo politico vicino ad Augusto, che edificò una magnifica dimora principesca corredata di vasti giardini. Gli Horti Lamiani divennero presto proprietà dell’imperatore e mantennero la loro funzione di rappresentanza imperiale fino al IV secolo dopo Cristo, periodo del loro probabile abbandono.
Durante il medioevo il paesaggio dell’Esquilino, ormai ruralizzato, era caratterizzato da piccoli nuclei abitativi e da campi e orti coltivati in prossimità di chiese e conventi, tra cui Santa Maria Maggiore, Sant’Eusebio, Santa Croce in Gerusalemme e San Giovanni in Laterano.
Nel XVI secolo, con la costruzione dell’acquedotto Felice voluto da Sisto V, l’area tra le Mura Serviane e quelle Aureliane tornò a essere una zona residenziale di lusso di proprietà delle più importanti famiglie romane. Qui furono costruite Villa Altieri e Villa Palombara richiamando il modello residenziale che aveva caratterizzato l’età antica. Il paesaggio, ancora profondamente segnato dalle presenze monumentali di epoca romana (le mura, gli acquedotti, il tempio di Minerva Medica, i Trofei di Mario) si mantenne inalterato per circa tre secoli.
All’indomani della proclamazione di Roma a capitale del Regno d’Italia nel 1871, fu varato un Piano Regolatore che prevedeva l’espansione della città e la demolizione delle ville secentesche: della villa Palombara si conserva, infatti, soltanto la cosiddetta Porta Magica, oggi al centro dei giardini di Piazza Vittorio. Il nuovo quartiere umbertino, progettato dall’architetto Gaetano Koch tra il 1882 e il 1887, fu costruito intorno al fulcro di Piazza Vittorio Emanuele II, simbolo del nuovo potere sabaudo.
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