RomeArtProgram ha intervistato artisti che vivono in Italia, New York e Londra, per approfondire – durante questo periodo di emergenza e di isolamento – il loro lavoro, le loro impressioni e il rapporto con la città di Roma.
CarloMoratti è un artista italiano – Roma – Pittore, RAP Faculty Member
RAP: dove abiti? E qual è il tuo background?
Carlo: vivo e lavoro a Roma, in una zona centrale, abituato al traffico, a parecchia gente e tanti turisti. Ho viaggiato e vissuto molto all’estero, dopo aver terminato gli studi con un master in Comunicazione.
Alberto Sughi, grande pittore, era amico di mio padre, che pensò di mandarmi da lui per un intenso periodo di apprendimento delle tecniche del colore e della composizione. All’epoca lui e Renzo Vespignani erano i principali artisti figurativi.
Alberto aveva rappresentato con imponenti ritratti i momenti più intensi della vita dei suoi soggetti. La prima volta che sono entrato nel suo studio, al Circo Massimo, sono rimasto senza fiato per l’intensità con cui aveva raffigurato persone della borghesia mentre mangiavano e chiacchieravano, con un taglio quasi brutale, che mi aveva fatto ricordare Caravaggio.
Successivamente ho frequentato il NY Studio School: un’esperienza determinante per il mio sviluppo, come artista. Graham Nickson – Dean del NYSS – usava spesso arrivare alle spalle inaspettatamente, mentre eravamo al lavoro, dando poi preziosi suggerimenti con il suo tocco elegante e la capacità di sintetizzare problemi e soluzioni. Lo spirito competitivo del NYSS, e le dure sessioni di critica, sono state una sfida davvero difficile.
RomeArtProgram è stato un altro traguardo, un momento importante per la sperimentazione ed il processo di sintesi, mentre si praticava la pittura en plein air, tra monumenti, musei e gallerie, opere d’arte universali trasformate in fonti di ispirazione che, grazie all’approccio didattico di Carole Robb, trovavano rapidamente la giusta strada creativa. E tutto questo alla velocità della luce.
L’anno scorso durante il RAP Benefit Show, uno dei miei dipinti è stato acquistato dal critico d’arte di New York David Cohen (Art Critical); è stata un’esperienza emozionante, ed anche una grande sorpresa.
Secondo te esiste un “metodo creativo”?
Lavorare di notte, per molti autori, può essere il momento più intenso della concentrazione, e questo può facilitare l’intuizione, la ricerca. Ogni lavoro è un esperimento, la pittura si evolve attraverso continui cambiamenti che riflettono situazioni particolari, mentre si guarda il teatro della vita di tutti i giorni e, finalmente, si arriva al risultato di sintesi che si desidera. “Nulla è nell’intelletto che non sia stato prima nei sensi”, aveva detto Tommaso d’Aquino. A Roma ci sono sempre nuove ed infinite fonti di ispirazione.
Il lockdown e l’emergenza hanno portato cambiamenti nella tua pratica e nel tuo stile? Ti è capitato?
Tempo e silenzio sono stati un grande problema: le giornate erano divenute “liquide”. Uscivo tutti i giorni per poi camminare in una città vuota e surreale; sarei impazzito restando chiuso a casa sempre. Stavo lavorando a una serie di disegni, mentre il tempo ed il silenzio evocavano le inquietanti città di de Chirico e Carrà.
L’indifferenza e la circospezione erano dominanti, come nei “mondi impossibili di Escher”, le persone cambiavano sguardo e direzione, prese dal panico e dall’ansia; era molto facile scoraggiarsi. L’obiettivo era poter superare l’emergenza.
Cosa ti influenza normalmente? Qual è la fonte di ispirazione per te più importante, a Roma?
Sono sempre rimasto colpito dalle figure dei gladiatori, vere “superstar”, anche perché nell’antica Roma attori e attrici usavano le maschere, secondo la tradizione greca, e quindi non erano famosi o facilmente riconoscibili.
Erano dei modelli di riferimento, poi successivamente sono passato alle persone comuni, alle espressioni, agli umori, al modo di congelare le sensazioni; si tratta di momenti ispiratori che si verificano spesso durante la vita di tutti i giorni, quando di colpo accade qualcosa di “straordinario”. Pensando, ad esempio, al ragazzo morso da un ramarro, di Caravaggio, ci troviamo al cospetto di una immagine pari ad una istantanea moderna, scattata da una macchina fotografica ad alta tecnologia. Caravaggio utilizzava la luce come un rasoio nell’oscurità! Le sculture romane, poi, con schiavi, imperatori, divinità, sono come una grande parata storica. Il Galata morente – Museo Altemps – è un altro eccellente condensato artistico di storia.
Quanto una città come Roma potrebbe pesare sull’approccio e la ricerca di un artista? Con quali strumenti preferisci esprimerti?
Il lavoro creativo si sviluppa meglio in spazi culturali generosi; pensiamo al Rinascimento, al Barocco, una vera apoteosi dell’arte, non priva di duelli d’ingegno: Michelangelo e Raffaello, Bernini e Borromini…
Non ho una tecnica preferita. Penso anche che sia importante variare, sapersi misurare con movimenti e maestri di differente provenienza. Roma offre il privilegio di un sistema di Accademie unico, dove ci si può confrontare con autori di tutto il mondo, a partire dall’Accademia di San Luca, la prima in assoluto nella storia dell’arte.
Eventi specifici e condizioni storiche hanno un ruolo significativo nel processo creativo; in che modo l’emergenza pandemica ha influito sull’arte?
Arte e cultura sono state penalizzate duramente, ed è per tutti un momento difficile.
Roma era ed è vuota, musei e gallerie debbono affrontare grandi sfide, molti programmi formativi sono stati sospesi per evitare rischi agli studenti e ai docenti. L’”oscurità” ha iniziato a dominare luoghi e persone e, naturalmente, la creatività.
Ho partecipato ad una collettiva proprio nei giorni precedenti al lockdown; è stata l’ultima mostra inaugurata a Roma, prima del blocco. La Galleria è ora riaperta. Gli artisti sono stati comunque in grado di continuare a lavorare a casa, disegnare e dipingere.
In passato l’arte era spesso incentrata su battaglie e guerre; oggi si sta concentrando sulla pandemia. I nuovi progetti pubblici non sono molti, mentre le esposizioni stanno lentamente riaprendo. L’emergenza sta appiattendo sia le tendenze artistiche che quelle del mercato, oltre che l’industria culturale.
Come stai affrontando questo momento così complesso? Sei ottimista per il futuro?
È sempre consigliabile essere ottimisti, perché è il modo per avvicinare il risultato desiderato. Le persone pessimiste? …soffrono due volte. Durante il picco dell’emergenza, con migliaia di vittime e una totale incertezza, era quasi impossibile non essere positivi, per riuscire ad andare avanti tra migliaia di difficoltà. Ogni persona che attraversava la tua strada poteva essere un nemico potenziale. Ora sta tutto migliorando, alcune persone hanno fatto e stanno facendo grandi cose, e questo dà speranza.
In che modo l’arte contribuisce alla storia? “L’arte ci salverà”?
L’arte ci fa sognare, e senza sogni non c’è vita.
L’arte è lo specchio e la narrazione… come poter immaginare la “storia” senza di essa?
Qual è il tuo sogno? E il più grande sacrificio che hai fatto per realizzarlo?
Ho iniziato a lavorare su una nuova serie, poco prima dell’emergenza; è un progetto abbastanza ambizioso.
Sacrifici? Sopravvivere alla pressione del NY Studio School, ed alle sue dure sessioni di critica, fino a tarda notte, tanto che, tornando a casa a piedi, attraversando Washington Square e proseguendo per Broadway e Canal St., ero così stanco che non mi accorgevo neanche dei pericoli, dei rischi, e della polizia. Probabilmente la metà di ciò che otteniamo è dovuto alla fortuna, l’altra metà al modo in cui siamo in grado di invogliarla, di accattivarla. Graham Nickson era solito dire “sii coraggioso! Be brave!”.
Recentemente il messaggio artistico-culturale italiano, e romano, sta riemergendo come un grande “work in progress”. Qual è il tuo punto di vista?
Roma stessa è una delle più grandi opere d’arte al mondo, ma è come una sonnolenta Cenerentola, che sopravvive inconsciamente a tutto; ci sono stati vari progetti pubblici pretenziosi, autoreferenziali, non molti erano validi.
L’arte qui è come una “finestra” che si adatta alle tendenze moderne (resistendo ad alcune), nel rispetto del suo grande trascorso … una dicotomia. Roma é sempre stata un “work in progress”, un mix di passato e presente, ed è ancora fondamentale.
Qual è il tuo luogo d’arte (o museo) preferito (italiano o romano)?
La Città Eterna è un’enorme opera d’arte prismatica: la Galleria Borghese, le Gallerie Barberini e Corsini, i Musei Vaticani, la Basilica di San Pietro, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Fontana di Trevi, Piazza Navona, Colosseo, i Fori romani, centinaia di spettacolari Chiese… ed il Pantheon: un progetto unico, con un buco al centro del tetto, un concetto rivoluzionario, quasi “dadaista”, ed al suo interno, sulla tomba di Raffaello, una scritta da non poter dimenticare: “Qui giace Raffaello, dal quale la Natura temeva di essere vinta, mentre era vivo, ed ora che è morto lei stessa teme di morire”.
E non possiamo lasciare Roma senza vedere i meravigliosi e vibranti dipinti di Caravaggio – da soli un’enciclopedia a parte – così come il doppio ritratto di Warhol, presso lo splendido museo “boutique” Carlo Bilotti – probabilmente l’unico “doppio ritratto” che abbia mai realizzato – una delle opere d’arte contemporanea più sorprendenti.
Quale periodo dell’arte italiana prediligi? E la tua opera preferita?
Più di uno… Raffaello e Caravaggio, la pietà di Michelangelo, la cappella Sistina, l’estasi di Santa Teresa di Bernini, e le sue opere alla Galleria Borghese, lo spettacolare affresco di Pietro da Cortona a Palazzo Pamphilj, all’interno dell’ ambasciata del Brasile.
In che modo Roma ti ha influenzato, come artista e come persona?
L’influenza dell’Arte a Roma è dominante, vibrante, sempre presente, come un’impronta, diventata ancora più incisiva con il lavoro di RomeArtProgram.
Roma è sempre con me, anche quando non la vorrei, perché rende la sfida più difficile.
Qual è il tuo obiettivo? Che ruolo ha l’artista nella società? Qualche pensiero e consiglio finale?
Evolvere.
RomeArtProgram è una organizzazione formativa senza fini di lucro / RomeArtProgram is an Educational Art Program www.romeartprogram.org
28 Giugno 2020 @ 3:25 pm
Carlo : intervista eccellente e colta. Ti fa amare Roma e la sua arte anche in questi brutti tempi. Sicuramente interessante e piacevole da leggere.
29 Giugno 2020 @ 11:13 am
Un’intervista veramente interessante fatta a un artista la cui spiccata sensibilità traspare chiaramente dalle sue opere.
Quanti personaggi e artisti si nascondono tra le pietre della Città Eterna? Bisogna cercare e, al di là della fama, trovare chi ancora crede nell’arte e che la va a cercare tra le pieghe della storia e del passato.
Carlo Moratti è un artista che andrebbe valutato come merita e come imporrebbe la qualità del suo “segno”.
Complimenti.